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PINACOTECA DI FAENZA
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Arcangelo Resani (Roma, 1670 - Ravenna, 1740)

239

Cane e sporta

204.jpg

olio su tela, prima metà sec. XVIII

cm. 59x73,5 (cornice di cm. 9)

lascito Michele Bosi, 1931

 

Il Conte Luigi Zauli Naldi collezionista ed esperto di nature morte che alla sua morte donò quest’opera insieme alla sua collezione, attribuì quest’opera ad Angelo Maria Crivelli, detto il Crivellone. Attribuzione accettata da Antonio Corbara nella scheda per la Soprintendenza del 1951. Antonio Archi, invece, esclude sia il Crivellone che il Cerreti.

G.Bargellesi, nella sua fondamentale ricostruzione della fisionomia del pittore Arcangelo Resani pubblicata nel 1961, riconosce in questo quadro uno dei capolavori della sua produzione (1961, p. 156). Pressoché contemporaneamente G. De Logu perviene alla stessa conclusione (1962, p. 176).

Da allora la fortuna critica del dipinto è stata notevolissima, come numerose le presenze alle mostre sulla Natura Morta, a partire da quella, ormai mitica, di Napoli del 1964. 

L’essenzialità della composizione è tutt’uno con la luce, che marca e rivela la sporta e la figura, che si direbbe “umana”, del cane, indagata con una raffinatezza di materia cromatica degna di un grande pittore.

Nell’ottobre 2012 Antonio Paolucci, già Ministro ai Beni Culturali e attualmente direttore dei Musei Vaticani, in visita alla Pinacoteca è stato intervistato da una televisione locale. Alla richiesta di scegliere un singolo quadro della Pinacoteca ha risposto: «C’è un quadro che mi porterei via anche subito. Chissà se i faentini lo conoscono..Io lo amo molto. E’ il quadro di natura morta di un pittore che si chiamava Resani. Vive nel Settecento. Il quadro rappresenta un cagnolino bianco e nero che dorme. Un cagnolino da caccia. Dietro c’è una sporta, una umile sporta di giunco. Da contadini. E poi ci sono due uccellini morti. Si dirà: ma come un soggetto così modesto così umile. Ma è proprio questo il bello di quel quadro.: la vita silenziosa, l’aver saputo rappresentare un momento umile della vita comune e averlo consegnato a un quadro. Ecco che cosa è la bellezza della pittura».

N. inv. 239

 

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