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Rea Silvia e la principessa Anto
olio su tela, ultimo decennio sec. XVIII
cm. 30 x 22,1
lascito Luigi Zauli Naldi, 1965
Il dipinto è entrato in pinacoteca con il lascito testamentario del conte Luigi Zauli Naldi nel 1965, assieme alla “Cecilia Metella” (N. inv. 485) e alla “Vestale Emilia” (N. inv. 484). Le tre tele fanno parte di una serie, il cui soggetto è costituito dalle drammatiche vicende di eroine romane, nello specifico vestali uccise per essere venute meno al voto di castità. Possiamo dire che questo tema preannuncia uno spirito romantico.
La piccola tela raffigura un episodio marginale della leggenda di Rea Silvia, mitica madre dei gemelli Romolo e Remo, la cui storia appare in numerose fonti e versioni, ognuna delle quali segnata dalla sua tragica morte, come punizione per la perdita della verginità da parte di Marte.
Le vestali erano sacerdotesse, il cui compito era quello di custodire il focolare sacro della città. Nel caso in cui esso si fosse spento, la colpevole sarebbe stata punita con la fustigazione.
Giani raffigura la scena in cui la cugina di Rea Silvia, la Principessa Anto, si reca di nascosto alla cella in cui la vestale era stata rinchiusa per portarle del cibo.
Secondo Anna Ottani Cavina, studiosa del Neoclassicismo e autrice della fondamentale monografia sull’artista, sul piano stilistico l’opera trova numerose analogie con lavori databili attorno all’ultimo decennio del Settecento, come “Le avventure di Telemaco”, identici per il formato ovale e dimensioni.
N. inv. 483