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Francesco Maffei (Vicenza, 1605 – Padova, 1660)

11

Giuditta con la testa di Oloferne

804.jpg

olio su tela

cm. 68x90 (cornice di cm. 15)

acquistato nel 1885


In quest’opera Giuditta è ritratta in primo piano mentre avanza con la testa di Oloferne sul piatto ed un coltello nella mano sinistra, mentre due uomini in secondo piano osservano di scorcio la scena.
La paternità di questo quadro è stata molto discussa: fino al 1922 fu esposta come opera del Tiepolo, poi furono proposti svariati nomi. Ad oggi si è concordi con l’attribuzione fatta da Ennio Golfieri a Bernardo Strozzi, autore di una serie di Giuditte, Salomè e Dalile che tengono in mano o su un vassoio teste decapitate.
Bernardo Strozzi nacque a Genova nel 1581, a diciassette anni entrò nell’Ordine dei Cappuccini, dove continuò a dipingere. L’apprezzamento suscitato dalle sue opere gli fece ottenere la licenza per lasciare l’Ordine anche se ciò creò diverse contrasti.
Lavorò moltissimo per i Doria, nobile famiglia genovese, tale situazione gli permise di ampliare le sue conoscenze artistiche, consolidare la sua fama di pittore e partecipare a imprese prestigiose.
L’artista realizzò moltissime opere, ma con poca varietà di soggetti replicati da lui stesso o dai suoi allievi. Erano a volte gli stessi committenti a richiedere soggetti tipici o di moda. La conoscenza di nuove culture figurative, come il contatto con la colonia genovese di fiamminghi ed il caravaggismo   romano, arricchì il suo repertorio di soggetti con l’aggiunta anche di temi popolareschi.

All'interno del testo Studi di Iconologia lo storico dell'arte Erwin Panofsky si cimenta in uno studio iconologico e iconografico di questo quadro, che ci aiuta a chiarirne il soggetto. Lo studioso fa notare che l'opera venne pubblicata come di un ritratto di Salomè con il capo di Giovanni Battista. Salomè, citata nel Vangelo di Marco e in quello di Matteo, fu una principessa giudaica, figlia di Erode Filippo I ed Erodiade, è nota per aver partecipato al martirio di Giovanni Battista: “…La figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato. Ed essa, istigata dalla madre, disse: "Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista…“ (Matteo 14, 1-12).
Come emerge dalle testimonianze evangeliche, quindi, la richiesta di Salomè è molto esplicita e parla chiaramente di un vassoio, forse per il ribrezzo di toccare con le mani il capo reciso del Battista.
Per questo il piatto divenne l'attributo iconografico distintivo di Salomè nella maggior parte delle sue rappresentazioni. Panofsky quindi rimarca che la presenza della spada nel quadro sembra non coincidere nè con la storia raccontata dalle fonti nè con la tradizionale iconografia. La spada appartiene infatti a un'altra eroina biblica: Giuditta. La storia di Giuditta è narrata all'interno della Bibbia, e racconta che la fanciulla, approfittando dell'ubriachezza del generale Oloferne, che stava assediando la sua città, utlizzò la sua stessa spada per tagliarli la testa. È chiaro dunque che il suo attributo sia evidentemente la spada.

Panofsky procede con la sua analisi attestando che, sebbene la storia dell'arte sia ricca di Giuditte con la spada e vassoio, non vale la stessa cosa per Salomè, di cui non si hanno attestazioni insieme ad una spada: in Germania e nell'Italia settentrionale possiamo infatti contare numerosi esempi che dipingono un tipo di Giuditta con piatto. In base a ciò lo studioso può sanamente concludere che anche questo quadro (da lui attribuito al pittore veneziano Francesco Maffei) rappresenti Giuditta e non Salomè. Perchè gli artisti si sentivano in diritto di trasferire il motivo del piatto da Salomè a Giuditta, e non la spada da Giuditta a Salomè? Due le motivazioni a supporto di Panofsky: in primo luogo la spada è attributo fissato e onorifico di Giuditta, martiri e di Virtù quali la Giustizia e la Fortezza, e pertanto non la si poteva associare a una fanciulla come Salomè; in secondo luogo il piatto con la testa di San Giovanni Battista tra il XIV e il XV secolo era divenuto un Andachtsbild (Immagine devota) molto popolare. Ciò contribuì a fissare insieme l'immagine di un vassoio o piatto assieme a quello di una testa mozzata. Per questo Panofsky arriva alla conclusione che l'oggetto vassoio abbia facilmente sostituito il sacco, che utilizza Giuditta nella storia ufficiale, per raccogliere la testa della sua vittima.

N. inv. 11

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