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PINACOTECA DI FAENZA
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Maestro di Faenza (sec. XIII)

98

Crocifissione e Assunzione di San Giovanni Evangelista

725.jpg

olio su tavola, 1260-1290 ca.

cm. 35x28 (cornice di cm. 15)

deposito dall'Ospedale Civile in Faenza, 1884


Il Maestro di Faenza, attivo tra il 1260 e il 1280, a cui la critica, oltre a questa tavola, ha attribuito altre tre tavole conservate nella Pinacoteca di Bologna, appare come un innovatore rispetto alla tradizione bizantina, favorito dalla lezione di Giunta Pisano presente a Bologna.

La composizione è divisa in due parti: nella parte superiore compare la Crocifissione dove viene aggiunta la figura di San Pietro, a differenza della  tradizionale iconografia duecentesca; la scena inferiore, interpretata tradizionalmente come la Discesa di Cristo al Limbo, palesa non poche incoerenze rispetto a tale iconografia. Si tratta più propriamente della Assunzione di San Giovanni Evangelista che, secondo una credenza medievale riportata anche nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, al momento della morte sarebbe stato assunto in cielo col corpo.

Nella tavoletta faentina l’identificazione del Santo è confermata dall’identità, fin anche nelle vesti, con il San Giovanni a fianco della croce. L’evento è descritto con molta efficacia, cogliendo il momento in cui Giovanni, già prossimo a morire e calatosi nella fossa che si era fatta scavare dai discepoli, viene sollevato da un angelo e quasi tirato a forza da Cristo comparso con due Santi a salvarlo. Il rilievo dato all’episodio, che è unito alla Crocifissione di Cristo, suggerisce che l’opera fosse stata fatta per la primitiva chiesa faentina degli Agostiniani che era dedicata a San Giovanni Evangelista. Gli anni di costruzione della chiesa, tra il 1266 e il 1290 circa, ben si accordano con la datazione suggerita dallo stile. Da questa tavola, l’autore, tuttora anonimo, prende il nome convenzionale di Maestro di Faenza.
Il fascino della tavoletta è di superare la rigidità delle stilizzazioni bizantine con un naturalismo più sciolto e vivace. Nella scena del miracolo, l’episodio è presentato con una grande freschezza narrativa. Le emozioni dei personaggi, dai discepoli di Giovanni che già ne piangono la morte, al Cristo che accorre verso l’apostolo prediletto, sono rese con grande acutezza e con toni molto più moderni rispetto alla tradizione bizantina duecentesca. La scena è ambientata sotto un elegante portico con tre archi a tutto sesto di gusto classico. I capitelli a pulvino e la teoria delle finestre che ritmicamente scandiscono la parete e la loro stessa foggia allungata, rimandano strettamente agli interni delle basiliche di Ravenna. La suggestione realistica di questi motivi denuncia una sensibilità nuova nel declinare le iconografie bizantine.
Nella Crocifissione, lo schema compositivo riprende modelli orientali ampiamente diffusi nel XIII secolo. Ma tali rimandi, se condizionano l’iconografia, sono rinnovati a livello stilistico alla luce della corrente giuntesca. Il Maestro di Faenza porta avanti il processo di umanizzazione della figura di Cristo che acquista un incarnato ancora più tenero rispetto ai modelli giunteschi, mentre un accorato patetismo traspare nel San Giovanni e nel gruppo delle Pie Donne in cui la Vergine è raffigurata nell’atto di svenire, un motivo più occidentale che bizantino. Il caseggiato sul fondo e il bassorilievo dietro la croce sembrano già suggerire la profondità dello spazio. La gamma cromatica ha colori tersi e luminosi, con pennellate di biacca che danno risalto ai corpi; la figura di San Pietro, col manto rosa schiarito dalla luce e con panneggi ampi e sciolti, sembra preludere agli sviluppi della scuola giottesca riminese.

N. inv. 98

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