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PINACOTECA DI FAENZA
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Felice Boselli (Piacenza, 1650 - Parma, 1732)

246

Macelleria: interno di negozio

207.jpg

olio su tela, 1720 ca.

cm. 133x174 (cornice di cm. 2)

lascito Luigi Zauli Naldi, 1965

 

Nella vastità della produzione dell'artista, questo quadro rappresenta certamente uno dei capolavori che ne riassume ed evidenzia al meglio lo spirito e l’eccezionale vigoria stilistica.

Pare si collochi cronologicamente nel momento di maggiore maturità della sua attività, forse attorno al 1720. 

C’è tutto il mondo espressivo di Boselli in questo quadro notissimo, esposto in molte occasioni, come ad esempio in “Mostra sulla Pittura italiana del Seicento e Settecento”, tenutasi a Firenze nel 1922. 

Alla metà degli anni Trenta, giunse nella quadreria Zauli-Naldi dalla raccolta Maggi di Piacenza: nel 1983 un sapiente restauro, suggerito dal deperimento del supporto e dall’offuscamento della pellicola pittorica, ha consentito il recupero, oltre che della densa e forte materia pittorica, della figura della vecchia cliente. 

L'opera incarna la tradizione antica e coeva della pittura di Natura Morta di ambito padano, rivisitata con un’attenzione originale, ma acutamente selettiva. Boselli sembra chiamare a raccolta ed ostentare un’antologia di motivi: le carni squartate ed esibite nella loro nuda fisicità in pose cadaveriche, teste di animali ghignanti ed ammiccanti, e un gatto luciferino che insidia la merce. Il dialogo fra il macellaio bonario ed accomodante e la vecchia diffidente appare ironico e allusivo, fatto più di cenni che di parole. 

Si sono spesi giudizi a non finire su dipinti come questo: la critica è concorde sul fatto che la loro materialità sia di un’evidenza pittorica tanto aderente al senso delle cose da rasentare la brutalità espressiva. 

Forte come le sue carni scuoiate e sanguinolenti è infatti la veste cromatica: densa, spessa, corposa, che sembra poter farci toccare i soggetti, vincendo il vago ribrezzo che ispirano. 

Certo è che in Boselli trova espressione schietta uno dei caratteri secolari della cultura “padana”: l’adesione quasi fisica ad una realtà quotidiana indagata nei suoi aspetti meno forbiti e più densi della vita.

N. inv. 246

 

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