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Figlia di Eva
gesso, 1912
cm. 132x42x44
L’opera ha una vicenda complessa, caratteristica del modo di operare di Domenico Rambelli, ben descritta da Orsola Ghetti Baldi. Il primo recensore della scultura fu Arturo Stanghellini che l’aveva vista al suo debutto, alla mostra internazionale di Firenze del 1912, e che ne fece un lapidaria stroncatura in “Vita d’Arte”, sostenendo, per contrasto le opere liberty di Ercole Drei come Cassandra, Salomè, Adolescente e Sorriso esposte a quella mostra. Molto risalto ebbe invece l’opera al Concorso Baruzzi di Bologna.
“L’attuale forma - secondo quanto specificato da Ennio Golfieri – è il risultato di un rifacimento della parte inferiore, modificante il supporto sul quale siede la figura. Negli anni posteriori al 1920 – continua il Golfieri – Rambelli sempre insoddisfatto e testardo rielaboratore delle sue opere, ha modificato in senso semplificatore e stilizzato l’informe masso sui cui poggiava con maggiore adesione” questa sua opera.
In realtà, ha commentato invece Orsola Ghetti Baldi, “siamo in un periodo di trasformazione stilistica e Rambelli accusa la difficoltà di tenere insieme, con risultati formali coerenti, la morbidezza di un modellato liberty – non confacente alla sua personalità – e l’aspirazione al plasticismo sintetico delle masse. Al binomio sintesi-staticità l’opera accompagna", conclude Orsola Ghetti Baldi, "elementi espressionistici nel volto imbronciato".
N. inv. 1597