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Urna cineraria
alabastro
soppressioni postunitarie, 1870
cm. 48x34
L'urna è uno dei tre oggetti artistici prelevati dalla chiesa della Commenda nel 1870, dopo la confisca dello Stato italiano, e Fra Sabba la descrive così nei suoi Ricordi: "Parimente I'adorno con una Urna antica d'Alabastro orientale con alcune vene di calcedonio, la quale certo non cede a nessun altro vaso d'alabastro ch'io abbia veduto insino alla presente ora, ancora che in Roma et altrove n'abbia veduto molti."
L’urna cineraria, destinata a contenere le ceneri del defunto cremato, è databile al periodo tra I e II sec. d.C. ed è in alabastro, pietra della quale esistevano due qualità: un cosiddetto alabastro gessoso, utilizzato in aria etrusca, e l’altra, l'alabastro orientale (quello del nostro caso), proveniente dall’Egitto, dove esisteva proprio la città di Alabastro.
Il contenitore presenta un piccolo coperchio con ansa, labbro leggermente rivolto all’esterno, collo basso, due piccole anse verticali a orecchio impostate sulla spalla, corpo cilindrico leggermente assottigliato verso l’alto; manca il piede. Tutta l’urna è priva di decorazioni.
Come afferma lo stesso Fra Sabba tali urne erano relativamente comuni nella Roma del Cinquecento. Provenienti in parte anche dall’area etrusca, si trattava di reperti particolarmente pregiati, la cui qualità è testimoniata addirittura dal riutilizzo di urne cinerarie egizie di questo genere, da parte d’importanti personaggi romani.
N. inv. 1638