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Piano di tavolo
legno intarsiato
cm. 112x114
dallo studiolo di Fra Sabba da Castiglione, Chiesa di Santa Maria Maddalena o della Commenda in Faenza
soppressioni postunitarie, 1867
Il tavolo dello studiolo di Fra Sabba, al momento della consegna a Marcello Valgimigli (7 febbraio 1870), è descritto come "una tavola antichissima intarsiata senza piedi corosa dal tempo, avente quattro iscrizioni" costituite da massime morali.
Infatti, nei quattro cartigli sono riportati i seguenti motti: in alto a sinistra Natura exiguo parabilique contenta (la natura è contenta del poco e del possibile), in alto a destra Voluptates abeuntes si sapis cogita (se sei saggio medita sulla caducità dei piaceri); in basso a sinistra Temperantia corporis animaq. certissima salus (la sobrietà del corpo e dell’anima è salute certissima); in basso a destra Frugalitas voluptati imperet (la frugalità regoli il piacere).
Inoltre, al centro è raffigurato lo stemma dei Castiglioni, con il leone rampante e la croce di Malta sul capo.
Fra Sabba da Castiglione, che teneva questo tavolo nel suo studiolo nei suoi "Ricordi" descrive così questa opera:
"L'adorno con un quadretto di tavola […], di mano del mio venerando padre Fra Damiano da Bergamo".
Frate Damiano da Bergamo, dell'ordine dei predicatori “fa con il legno tutto quello che a pena farebbe il grande Apelle con il pennello, anzi a me pare che li colori di quei legni siano più vivi, più accesi e più vaghi di quelli che usano li pittori, di sorte che questi dignissimi lavori si possono dire essere una nuova pittura eccellentemente colorita senza colori, cosa molto ammiranda, ancora che non manco maraviglia sia che, essendo le opere di commesso, l'occhio quanto più si affatica tanto manco comprende le commissure, che non è senza stupore de' riguardanti.
Questo buon padre in tingere li legni e in qualsivoglia colore e in contraffare pietre macchiate e mischie. Sì come è stato insino alli secoli nostri unico e così penso che alli futuri sarà senza paro, e certo N.S. Dio li presti grazia, come io credo, perché lo vorrei per essere le cose a buon termine di ponere la estrema mano all'opera di S. Domenico di Bologna. Io credo, anzi son certo, che si potrà intitolare l'ottavo spettacolo del mondo, e sì come già li Babilonesi, gli Assiri, gli Egizi e Greci si avantarono delli loro templi, piramidi, colossi e sepolcri, così la felice Bologna si potrà gloriare e vantare del coro di S. Domenico” (Fra Sabba, Ricordo 109).
N.inv.106